Sostegno psicologico per bambini non vedenti
Problemi bambino non vedente
I primissimi anni della vita di un bambino con disabilità visiva sono caratterizzati da una serie di esperienze emotivamente significative, in parte dovute direttamente alle conseguenze delle problematiche fisiche da cui è affetto il bambino.
La minorazione visiva precoce, con il suo carico di esperienze cliniche e sentimenti correlati, può portare con sé una serie di conseguenze psicologiche e comportamentali, delle quali solitamente osserviamo gli effetti in seguito l’età di insorgenza della minorazione visiva, è molto importante per comprendere il funzionamento e le varie caratteristiche della persona, perché ci fa capire le condizioni nelle quali si sono sviluppate le varie funzioni psicofisiche. Infatti la mancanza della vista conduce all’attivazione di una serie di funzioni compensative, sia dal punto di vista percettivo che difensivo.
Attraverso varie ricerche, ormai si è giunti alla conclusione che la minorazione visiva dalla nascita determina un ritardo transitorio del raggiungimento delle tappe dello sviluppo rispetto alla popolazione normale, con un massimo picco nella seconda infanzia, (dal secondo al quarto anno di vita ) con particolare riguardo allo sviluppo psicomotorio, all’età di esordio e agli aspetti pragmatici e contenutistici del linguaggio verbale, ai processi cognitivi, specie per le operazioni infralogiche.
Questa differenza tende a diminuire fino ad annullarsi nell’età adolescenziale, con il raggiungimento della fase delle operazioni formali e del consolidamento del pensiero astratto. Ma, questo recupero di solito, non avviene in modo automatico. Il bambino con problemi di vista dalla nascita va incoraggiato a contrastare l’inibizione esploratoria, che si manifesta con una certa ritrosia nell’esplorazione grossomotoria e motoria fine, in una tendenza alla chiusura relazionale, ed in una difficoltà a comprendere l’aspetto significativo implicito del comportamento umano e a reagire ad esso in modo interattivo. Tutto questo può condurre ad una scarsità di esperienze concrete ed interpersonali significative, condizione che può essere alla base di una serie di problemi dello sviluppo, secondari alla minorazione visiva.
Dunque, più precocemente possibile ed in tutto l’arco della crescita, e specie nei periodi in cui si possono riscontrare dei ritardi transitori, è necessario intervenire con appropriate azioni educative e abilitative, affinché tale situazione non possa causare delle problematiche di sviluppo.
Non esiste un rapporto lineare tra la mancanza della vista dalla nascita ed un ritardo nell’acquisizione delle varie tappe di sviluppo. Tuttavia il grave deficit visivo primario, come le ricerche dimostrano, funziona come un significativo fattore di rischio. È possibile individuare alcune variazioni statisticamente significative nei tempi di acquisizione di alcune tappe motorie, delle competenze di tipo spaziale, dello sviluppo cognitivo e del linguaggio.
Purtroppo non esiste una letteratura ampia, tesa ad osservare qualitativamente e quantitativamente questi fenomeni. E agli adulti, ma il più delle volte si devono utilizzare test realizzati appositamente per bambini, anche in condizioni particolari.
Anche l’aspetto relazionale viene spesso condizionato dalla minorazione visiva, e ciò perché viene alterato il canale primario di comunicazione nelle relazioni che sono alla base dello sviluppo affettivo. La mancanza della vista diviene un potente fattore di rischio di isolamento tutte le volte che gli adulti significativi non sono in grado o non possono trovare canali di comunicazione alternativi a quelli normali, basati sul contatto oculare.
Oltre a ciò, ulteriori fattori secondari concorrono a condizionare l’andamento delle relazioni di attaccamento. Si pensi soltanto alla difficoltà da parte dei genitori ad essere un sostegno sicuro, nel momento in cui debbono, essi stessi, gestire il dolore e l’ansia connessa al vissuto di una malattia fisica così grave del loro bambino.
La mancanza primaria della vista, inoltre, sembra indurre la strutturazione di uno stile di conoscenza basato sulle caratteristiche precipue dei sensi residui (in special modo il tatto, caratterizzato dall’analiticità e dalla mancanza di simultaneità e di globalità).
Se da una parte l’insorgenza della cecità precoce porta con sé le problematiche specifiche appena accennate, dall’altra parte la plasticità ed adattabilità dell’organismo all’inizio dello sviluppo consentono una possibilità di adattamento che si rivela molto preziosa.
La perdita della vista in età successive, sebbene consenta l’acquisizione di esperienze, concetti e funzionalità, propri dei bambini vedenti, può condurre a importanti problemi di adattamento, lutto e perdita, oltre che a tutta una serie di reazioni postraumatiche e legate alla modificazione dell’immagine di sé.
Molto spesso i bambini con patologie visive sono anche costretti a sottoporsi a moltissime attività di diagnosi e cura, con svariati accertamenti ed approfondimenti, in relazione al tipo di situazione clinica. Tutto ciò non è mai privo di significati emotivi di vario genere, con vissuti di ansia e fragilità. I bambini con patologie non stabilizzate vivono spesso una condizione di provvisorietà che favorisce un’attenzione ansiosa da parte degli adulti, condizione particolarmente pesante da sopportare. .
Questo stato di tensione coinvolge e si riverbera reciprocamente tra il bambino e le altre figure importanti della famiglia per la prevenzione, la gestione ed il trattamento delle problematiche qui riportate si vedano le sezioni dedicate ai servizi proposti dallo studio e gli approfondimenti, in particolare le sezioni
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