Sovrappeso ed obesità infantile

Maria Luisa Gargiulo • 7 marzo 2017

Il contributo dello psicologo per risolvere il problema

Un bambino che mangia abitualmente più di quanto dovrebbe alimenti non salubri, rischia di sviluppare un attaccamento al cibo che denota malessere psicologico e può diventare un adulto con problemi cardiovascolari, con alta probabilità di contrarre svariate malattie, che incidono pesantemente sulla qualità della vita.

Nella maggioranza dei casi il sovrappeso dei bambini dipende da fattori comportamentali e da cattive abitudini alimentari; una gestione del cibo collegata a problematiche affettive e relazionali. Molto importanti sono gli atteggiamenti dei familiari e la difficoltà di costoro a gestire l’ansia, la frustrazione ed altri aspetti emotivamente rilevanti nella relazione con il bambino. Per questo motivo la componente psicologica alla base di questo problema è molto determinante.


Il problema va gestito insieme ai genitori sia dal punto di vista medico, per quanto concerne gli aspetti riguardanti la crescita, ma soprattutto dal punto di vista psicologico ed educativo. Essi infatti vanno affiancati per acquisire il giusto atteggiamento utile ad aiutare il bambino a crescere con un rapporto sano con il cibo.

Attualmente assistiamo ad una crescita esponenziale di queste situazioni, perché il sovrappeso e l’obesità infantile stanno diventando una malattia sociale tipica degli stati del Nord del mondo (Europa, Stati Uniti in particolare).

La situazione:

In Europa la proporzione di persone in eccesso ponderale è elevata e circa il 7% della spesa sanitaria europea è impiegata nella cura di patologie connesse all’obesità, ciò nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e degli enti analoghi nazionali sulla promozione degli stili di vita salutari e malgrado la lotta al sovrappeso.

Alti livelli di sovrappeso rilevati nella fascia giovanile ed infantile rappresentano un’area di particolare preoccupazione. I dati raccolti dalla Childhood Obesity Surveillance Initiative della Regione europea dell’organizzazione mondiale della sanità, mostrano valori di sovrappeso e obesità in bambini di 6-9 anni che variano (nei differenti paesi ) dall’ 11% al 37% tra i maschi e dal 15% al 35% tra le femmine.

L’Italia partecipa a questa raccolta dati con il sistema di sorveglianza Okkio alla Salute che conferma livelli preoccupanti di eccesso ponderale nei bambini di 8-9 anni del nostro Paese. Ad esempio nel 2012 il 22,2% risultava in sovrappeso e il 10,6% obeso.

Il Contributo dello psicologo:

Per agire in modo realmente efficace, non bastano campagne informative su quale sia lo stile alimentare migliore per la salute e sugli effetti negativi di uno scorretto rapporto con il cibo.

A mio avviso, non basta far circolare informazione per risolvere. La maggioranza dei genitori e dei nonni di bambini in sovrappeso, è perfettamente consapevole di come e quanto si dovrebbe mangiare. La loro difficoltà invece consiste nel gestire concretamente gli aspetti educativi, e più ancora quelli emotivi connessi alle richieste del bambino.

In questo senso, i problemi di comportamento ed educazione alimentare, fanno parte del più generale problema educativo di questi tempi. I fattori che contribuiscono pesantemente ad aumentare le difficoltà sono: lo stile educativo attuale, che privilegia la soddisfazione dei bisogni alla loro gestione e modulazione; la contrattazione delle regole all’interno di un presunto rapporto paritario; la paura del genitore di non dare sufficientemente; la difficoltà a seguire in modo costante l’apprendimento del figlio riguardo la propria capacità di autoregolarsi con il cibo; l’esposizione massiccia dei bambini alle proposte commerciali sempre più efficaci e subdole; la necessaria delega del genitore ad altre persone in spazi sempre più ampi della giornata a causa della mancanza di tempo.

Quasi tutti i genitori impartiscono regole corrette proponendo ai loro figli uno stile alimentare adeguato. La loro difficoltà emerge invece nel gestire la reazione dei bambini: qualche volta la resistenza dei figli fa scattare una “contesa” per cui il cibo si trasforma solamente nel pretesto per contrapporsi. Altre volte, invece, il cibo diventa parte di un sistema di contrattazioni (promesse, punizioni, ricatti, dispetti, eccetera). Altre volte si fa leva sul senso di colpa del genitore di non concedere subito ciò che il figlio desidera. Altre volte ancora mangiare diventa un modo per riempire vuoti emotivi, sentimenti di abbandono, ansie e frustrazioni.

Dunque, lo psicologo può aiutare il bambino e la famiglia a districare queste situazioni, affiancando i genitori nella gestione dei comportamenti del bambino per aiutarlo nel suo benessere psicofisico.

Se vuoi saperne di più o vuoi prendere un appuntamento: contattami al  +39 337 353604

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