Dott.ssa Maria Luisa Gargiulo

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Vaginismo, quando il desiderio è frustrato dal dolore

6 Marzo 2017 By Maria Luisa Gargiulo

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Vaginismo, quando il desiderio è frustrato dal dolore

L’universo femminile delle reazioni, delle emozioni e delle problematiche legate al mondo sessuale a volte è costellato da problematiche delle quali qualche volta ci si vergogna, oppure che risulta imbarazzante affrontare. Questi problemi sono molto più diffusi di quanto ci si potrebbe aspettare, ma se li si approccia con rispetto e da vicino, essi appaiono il più delle volte tutt’altro che incomprensibili ed irrisolvibili.

Il vaginismo è un problema della sessualità femminile che rende difficile la penetrazione vaginale cioè l’introduzione del pene nella vagina durante un rapporto sessuale desiderato.

Nel vaginismo i tentativi di penetrazione sono quasi sempre accompagnati da un’intensa sensazione di dolore derivante da una involontaria contrazione della muscolatura, che può avvenire anche solo in risposta ad un accennato approccio genitale.

Il disturbo può insorgere dopo un periodo di normale vita sessuale (vaginismo secondario), oppure può essere l’unica modalità che la donna conosce di vivere questa parte di sè. Il disturbo può inizialmente essere anche selettivo, manifestandosi solo in alcuni contesti o con alcune persone. È possibile però che in seguito la paura e l’allarme generati da queste esperienze negative, possano indurre la donna a temere di non essere capace di affrontare la sessualità penetrativa in generale, e successivamente anche tutte le altre forme di relazioni sessuali, in un circolo vizioso di evitamenti sempre più ampi.

Quando il disturbo diviene ben strutturato, può accadere che la persona abbia un’insieme di atteggiamenti altalenanti, tra il desiderio di vivere la propria sessualità e provare piacere, e la incoercibile reazione di difesa ed evitamento di un’esperienza realmente dolorosa.

Dal punto di vista interpersonale, la vita di coppia viene condizionata da questo disturbo, il quale può rimanere mascherato per anni, dando luogo silenziosamente a reazioni di difesa e paura di effettuare la penetrazione da parte del partner, o ad impotenza secondaria, percepita inizialmente come il problema della coppia.

Il dolore, e la paura di provarlo, spesso rendono problematico per la donna anche affrontare alcune abituali operazioni che comporterebbero l’introduzione di elementi anche piccoli, come un dito o unassorbente interno . Vi possono essere anche problemi nell’affrontare serenamente le visite ginecologiche, per il timore dell’introduzione dello speculum ed altri strumenti.

Quindi Il disturbo, oltre alle limitazioni che produce nella vita sessuale, impedendo alcune manovre della visita medica, può ostacolare la prevenzione e la cura di numerose patologie dell’apparato genitale. In realtà le forme in cui questo disagio si manifesta possono essere molteplici. Qualche volta vi può essere anche una difficoltà ad avere ” confidenza ” con il proprio corpo anche dal punto di vista conoscitivo ed esplorativo, e ciò a causa di alcuni timori aventi a che fare con l’interno del proprio addome e la sua possibile vulnerabilità, o a causa di convinzioni inesatte sulla forma interna della vagina e sulla risposta alle sollecitazioni dilatative dei tessuti di cui è composta.

Nei casi in cui la penetrazione è possibile, si parla di dispareunia o coito doloroso.

Le cause della dispareunia spesso possono essere organiche: per esempio, infezioni della vulva o della vagina, esiti dolorosi di episotomia o di imene fibroso.

Le cause psicologiche e comportamentali possono anche essere collegate a un uso inesperto o frettoloso di una vagina non lubrificata, e quindi riconducibili ad un comportamento sessuale che non tiene presenti i normali segnali dell’apparato genitale femminile, nelle fasi precedenti alla penetrazione.

Per quanto concerne il vaginismo, esso Non è quasi mai legato a cause organiche, se non nei rari casi di malformazioni congenite o di gravi displasie della vulva e della vagina. Quindi, pur essendo parecchio invalidante, può essere considerato una risposta indesiderata dell’organismo a cause di tipo psicologico.

Il sintomo fisico è costituito da un riflesso neuromuscolare che produce la contrazione involontaria dei fasci pubococcigei del muscolo elevatore dell’ano. Queste fibre muscolari sono disposte intorno al terzo esterno della vagina, e, quando si contraggono, ne riducono il lume fino a renderla impenetrabile.

A ciò si associano abitualmente un’ipertonia muscolare diffusa e una marcata attività dei muscoli addominali e degli adduttori delle cosce.

Il dolore, che viene spesso descritto come un crampo, è causato dallo spasmo della muscolatura perivaginale e da eventuali microtraumi provocati alla mucosa dal pene mentre spinge. L’esperienza ripetuta di questo dolore, associata al senso di inadeguatezza della propria vita sessuale, diventa rapidamente un motivo sufficiente per affrontare con tensione e spavento il tentativo successivo, o per evitarlo.

Il trattamento del Vaginismo è molto delicato e complesso e va affrontato molto spesso su un duplice versante di lavoro. Da una parte si cerca di aiutare la donna a prendere confidenza e possesso delle proprie reazioni fisiche, dando loro il giusto significato e utilizzandole per apprendere un modo corretto di approcciare comportamentalmente il problema. Dall’altra, si lavora per conoscere la funzione del disturbo nell’organizzazione generale dei significati, degli equilibri e della personalità della paziente, conoscendo insieme a lei gli intimi sentimenti ed atteggiamenti connessi al problema, che possono rivelarsi come:

La paura di perdere il controllo sulla situazione e sul proprio corpo

La paura che il coito, se iniziato, debba necessariamente essere portato a termine

La paura di non saper attendere al proprio dovere di moglie

La paura di non essere una donna sessualmente normale

La paura di non poter sopportare un tale livello di intimità e di intrusività del partner.

Molto spesso i sintomi somatici non sono accompagnati da alcuna connotazione emotiva dell’esperienza. Quindi la donna non avverte alcuna emozione spiacevole prima del disturbo, ma semplicemente assiste ad una reazione fisica che vive come completamente distante dalla propria volontà e dalle proprie emozioni, avendo l’impressione che essa venga generata da meccanismi dai quali si sente completamente estranea e distante.

Ciò è assolutamente consueto e normale e testimonia la difficoltà a vedere in modo unitario e collegato le reazioni fisiche e la vita emotiva.

Una relazione di fiducia con il proprio terapeuta, può essere già il risultato di un lavoro delicato ed importante, per approcciare efficacemente la situazione.

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