L’invenzione dell’alfabeto Braille che avvenne a partire dal 1821, trasformò le persone con disabilità visiva, da oggetto di caritatevoli soccorsi umanitari a soggetti di cultura, educazione, integrazione lavorativa, dignità sociale.
Prima dell’intuizione di Luis Braille già altri tentativi erano stati fatti e qualcuno di essi con qualche successo. Ma tutti i precedenti metodi presentavano molti difetti che ne limitarono la diffusione e prima ancora l’efficacia: alcuni consentivano una lettura molto lenta, altri consentivano ai non vedenti solo di leggere ma non di scrivere, ecc..
L’invenzione di questo metodo di lettoscrittura, in seguito, condusse indirettamente alla necessità di una pedagogia tiflologica, datosi che l’esistenza di un modo per leggere, scrivere e far di conto, ha aperto la strada all’educabilità e alla scolarizzabilità delle persone con deficit visivo.
Da allora tanti anni sono passati, il contesto socio culturale ed educativo è molto cambiato, come pure molto differenti sono le necessità pedagogiche, ma l’alfabeto braille resta sempre il modo più efficace per rappresentare lettere, numeri, segni di punteggiatura, note musicali, formule chimiche, per chi non può leggere con gli occhi.
Il successo e l’efficacia di questa formula, basata sulla collocazione spaziale di puntini a rilievo, può essere ricondotta a varie motivazioni: in primo luogo i caratteri braille sono dimensionati e formati con caratteristiche percettive molto adeguate al tatto delle dita e specificamente dei polpastrelli.
Come si sa, infatti, il tatto possiede regole molto differenti dalla vista e, per questo motivo, ciò che risulta adatto ad essere guardato non sempre è altrettanto adatto ad essere toccato.
I caratteri braille sono rappresentati da puntini in rilievo posti su matrici di 2 x 3, organizzati come i simboli di un sei delle carte da gioco.
Una parola scritta in braille può essere pertanto immaginata come una fila di tante carte da gioco.
Ciascuno di essi, avendo 6 puntini a disposizione, può essere formato utilizzando tutte le possibili combinazioni di questi puntini.
Si possono pertanto rappresentare al massimo 64 differenti caratteri braille. Per Scrivere maiuscole e numeri, si antepone un segna numero ed un segna maiuscola.
Recentemente l’avvento dell’informatica ha condotto alla formulazione di un Braille ad otto punti, (2 colonne di 4 file).
Questo è stato necessario per poter rappresentare anche maiuscole, numeri ed altri simboli,e per poter mantenere una corrispondenza 1 a 1 tra l’alfabeto italico ( detto anche “ scrittura in nero “) e quello Braille.
Prerequisiti per leggere e scrivere in braille…
Per identificare un carattere braille e conseguentemente una parola, una frase eccetera, è necessario individuare i differenti puntini a rilievo che lo compongono e discriminarne la posizione nella matrice di 2×3.
Esistono alcuni prerequisiti necessari per poter essere capaci di leggere l’alfabeto braille, così come vi sono specifici prerequisiti per poter essere in grado di leggere l’alfabeto “in nero“, quello con il quale sono scritte le parole che state leggendo.
Possiamo distinguere i prerequisiti per il braille in tre categorie: di tipo percettivo, cognitivo e motorio.
Dal punto di vista percettivo, è necessario sviluppare la capacità di percepire e distinguere i vari punti a rilievo (percezione e discriminazione tattile), perchè se non vi è una analisi accurata ed una adeguata raccolta dei dati sensoriali, non è possibile catturare le varie componenti e la morfologia dei singoli caratteri, e non è agevole discriminare la collocazione e la posizione tra i caratteri.
La collocazione dei puntini nella matrice determina il significato dei caratteri, pertanto è necessario essere in grado di comprendere il concetto di posizione, o per lo meno ASTRARRE LA POSIZIONE DAGLI ELEMENTI CHE LA ASSUMONO e di distinguere spazialmente dove sono collocati i puntini che compongono le varie forme alfabetiche.
Ne consegue che molti prerequisiti cognitivi alla lettoscrittura braille, sono da riferirsi all’area dei concetti topologici.
Le competenze motorie necessarie per poter leggere e quelle per poter scrivere, sono molto importanti, occorre essere in grado di spostare le mani in modo accurato e preciso, di esplorare soffermandosi sul dettaglio, controllando e modulando costantemente la pressione delle dita, la traiettoria ed il verso di lettura della riga.
È necessario coordinare le due mani sia in lettura che in scrittura, perché in entrambi i compiti esse svolgono ruoli precisi e complementari tra loro.
Esistono alcune competenze cognitive e linguistiche che sono comuni anche alla lettoscrittura visiva quali l’orientamento al compito, l’attenzione, la discriminazione e comprensione metafonologica, ossia la capacità di comprendere le sottoparti che compongono il linguaggio parlato e scritto.
Oltre a ciò, è necessario che la mente della persona sia in grado di utilizzare e comprendere simboli per comunicare significati, dato che, esemplificando al massimo, scrivere e leggere non è null’altro che questo. Esiste tutto un armamentario di attività e strumenti didattici, più o meno codificati, che hanno esattamente la funzione di mettere in condizione la persona di coltivare i prerequisiti della lettoscrittura. Riuscire a leggere e scrivere in braille è spesso il risultato di un lungo lavoro che va programmato nel percorso educativo del bambino. Questo lavoro determina un cammino che sarà segnato dalle varie tappe del raggiungimento dei prerequisiti percettivi, cognitivi e motori alla lettoscrittura. Le attività e gli esercizi che si possono (anzi si debbono realizzare) devono essere pensati, programmati ed impostati tenendo ben presente dove si vuole arrivare, anche se a volte la meta finale può venire ostacolata a causa di fattori oggettivi che impediscono sul piano percettivo, cognitivo e motorio il raggiungimento di qualcuno di questi prerequisiti. Molti materiali e oggetti concreti di uso comune possono essere utilizzati per sviluppare le attitudini e le abilità di base del bambino. Inoltre alcuni strumenti specifici sono stati inseriti da decenni nella didattica dei prerequisiti alla lettoscrittura braille, essi derivano direttamente dalla ufo tradizione tiflopedagogica precedente al periodo dell’integrazione scolastica. Tali strumenti possono essere reperiti nei cataloghi specifici. Il Casellario Romagnoli è uno strumento classico per la didattica della prescrittura e prelettura braille, insieme ad altri importanti ausili che sono utili anche per altri scopi, ad esempio il piano in gomma per il disegno a rilievo, il cuscinetto per il disegno con cordoncino, il cubaritmo per l’apprendimento delle prime parole, la dattiloritmica per svolgere le operazioni aritmetiche. Le metodologie di approccio alla lettura e scrittura del braille sono fortemente condizionate dalle caratteristiche percettive del tatto: questo ultimo è eminentemente analitico e diacronico, e non può essere assimilato alla vista per molte altre caratteristiche. Ma la didattica tiflologica classica del braille è pensata per un bambino disabile visivo con uno sviluppo normotipico, cioè corrispondente approssimativamente alla media degli studenti degli Istituti per non vedenti, studenti che erano selettivamente molto più dotati dei bambini attuali e presentavano percentualmente meno disturbi dello sviluppo e doppie diagnosi. Quindi è possibile che l’attuazione pura e semplice di questi antichi e gloriosissimi metodi possa non sempre arrivare a risultati apprezzabili, perché il funzionamento del nostro bambino potrebbe essere differente dal “bambino tipo”. Per questo motivo lo psicologo è indispensabile per effettuare una VALUTAZIONE DELLO SVILUPPO percettivo e cognitivo del bambino aiutando il pedagogista e l’educatore a stabilire attraverso quali strumenti è possibile insegnargli a leggere e scrivere. La presenza di un disturbo dello sviluppo, o di una specifica disabilità che si affianca alla minorazione visiva, può essere direttamente la causa del mancato raggiungimento di questi prerequisiti, perché si può frapporre tra noi e la nostra meta. In questi casi non è utile perseverare sullo stesso ampasse, pensando di non aver insistito abbastanza. Invece qualche volta occorre ripensare alla strategia, all’obbiettivo oppure agli strumenti messi in campo. Qualche volta ad esempio vi sono materiali che vengono utilizzati per i prerequisiti, i quali necessitano di un pensiero simbolico e di capacità metaforiche, non sviluppate in bambini con doppie diagnosi, in particolare con disturbi dello spettro autistico. A questi bambini si insegna efficacemente a leggere e scrivere in braille attuando delle modificazioni sostanziali della didattica e degli strumenti presentati, perché alcuni di essi potrebbero soltanto far loro confondere le idee, rallentando il processo di apprendimento. Oltre alle caratteristichepeculiari della modalità di lettoscrittura, occorre riflettere che l’atto di lasciare una traccia stabile della parola è qualcosa che in sé e per sé deve essere oggetto di comprensione sia pur intuitiva da parte del bambino. Cosa significa scrivere qualcosa, a che serve, per chi, cosa significa leggere qualcosa scritta in precedenza da qualcun altro, e che funzione concreta può avere, sono significati importantissimi. Se essi non sono stati compresi dal bambino, il fatto di scrivere e leggere, in qualsiasi modalità, non ha alcun senso, rischiando di divenire un atto di puro addestramento.
Leggere
Indipendentemente dal metodo di scrittura, l’atto di leggere presuppone l’esecuzione di un compito psicomotorio assai specifico, in cui la lettura si svolge attraverso i polpastrelli, in special modo quelli degli indici delle due mani.
Quello della mano sinistra ha poi anche un ruolo di organizzatore spaziale del compito, perché deve servire anche a seguire l’andamento delle differenti righe e dei vari capoversi.
I caratteri braille non si possono modificare nelle loro proporzioni e dimensioni, perché essi sono studiati in base alla dimensione del polpastrello.
Ciò che si può variare è la distanza tra le righe, tra i caratteri e tra le parole, e in analogia ai libri per vedenti a lettura semplificata delle prime classi elementari.
Il materiale per la lettura semplificata del braille sarà pertanto costituito da caratteri tattilmente isolati o in serie, tra loro spazialmente ben distanziati, con interlinea doppia, più spazio tra le parole, per consentire l’educazione dello scorrimento delle dita da sinistra a destra, senza deviare in alto o in basso, per insegnare l’individuazione ed il riconoscimento delle forme dei caratteri e la loro discriminazione tattile.
Nell’insegnamento della lettura, non è di solito indicato il “metodo globale“, che non si presta affatto all’apprendimento della lettoscrittura braille, mancando nella modalità percettiva tattile qualsiasi carattere di globalità, differentemente dalla modalità visiva, globale per eccellenza.