Dott.ssa Maria Luisa Gargiulo

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La caa nell’intervento psicoeducativo integrato: Il bambino con deficit visivo e disturbi complessi

7 Marzo 2017 By Maria Luisa Gargiulo

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Il 5 ottobre 2013 a Roma si svolgerà il seminario gratuito per genitori dal titolo

Si tratta di una iniziativa pensata per illustrare ai genitori le potenzialità delle moderne forme educative ed abilitative, e le condizioni necessarie affinché questi presidi siano realmente efficaci

L’utilizzo della Comunicazione Aumentativa Alternativa e delle altre forme di linguaggi, adattati al bambino con deficit visivo, all’interno del lavoro per la comunicazione, la gestione del comportamento e l’autonomia.

v Cosa ci si può aspettare dall’uso degli strumenti di comunicazione aumentativi?

v Quali sono le condizioni che aumentano l‘efficacia di questi strumenti?

v Quali sono le situazioni nelle quali questi strumenti non possono funzionare?

Scarica la locandina >>

Per informazioni e iscrizioni: 337353604; oppure mail contatti@marialuisagargiulo.it

Scopo del seminario

Negli ultimi anni frequentemente leggiamo e sentiamo parlare di cose come la comunicazione aumentativa, le PCS la lingua dei segni, le tabelle oggettuali eccetera.

In qualche caso, è stato anche fatto un abuso di divulgazione su questi temi, presentando questi strumenti come delle bacchette magiche per la soluzione di problematiche inerenti a persone con difficoltà di linguaggio.

In realtà, nessuno di questi strumenti, preso da solo, può risolvere oppure alleviare quasi mai situazioni di patologie complesse. questo perché essi sono davvero solo degli strumenti . Non sono quindi di per sé né positivi né negativi, ma la loro efficacia dipende dal criterio di insegnamento e dalla modalità d’uso e personalizzazione.

Essi possono essere usati con lo scopo di dare l’opportunità alle persone che non possono produrre linguaggio verbale in modo adeguato, di adottare forme alternative per comunicare.

Alcune di queste forme alternative, come ad esempio la CAA (comunicazione aumentativa alternativa), sono state inserite nelle linee guida ufficiali dell’istituto superiore di sanità per il trattamento di alcuni importanti disturbi di sviluppo, ma ciò è stato verificato come efficace, solo se all’interno di una metodologia ben precisa e strutturata, e solo in associazione con ampie ed approfondite attività di affiancamento degli educatori e dei genitori, per introdurre nella sua vita quotidiana, ciò che il bambino apprende in terapia.

Quindi questi strumenti sono efficaci, e le ricerche internazionali lo dimostrano.

Detto così, sembrerebbe che basti sostituire parole con immagini, frasi con segni, ed il gioco è fatto. Questo può essere vero soltanto se la persona che deve usare questi strumenti, possiede esclusivamente una difficoltà ad articolare le parole.

Noi però parliamo sia grazie al fatto che l’apparato che produce il suono delle parole funziona correttamente, sia perché abbiamo la capacità cognitiva, emotiva, relazionale e comportamentale tale per cui sappiamo cosa dire, a chi dirlo, in quale momento, in quale forma, con quale scopo, con quale vantaggio.

Dunque non è realistico pensare che tutti i problemi di comunicazione dipendano esclusivamente dal fatto che il bambino abbia difficoltà ad articolare o produrre parole. Se ci sono infatti disturbi di comunicazione e di interazione sociale, oltre a problemi prettamente articolatori, l’introduzione di questi strumenti alternativi di comunicazione non sarà sufficiente.

Ne consegue quindi che molte aspettative dei genitori speranzosi siano state spesso profondamente deluse, quando essi avevano immaginato che sostituire le parole con uno di questi strumenti, avrebbe risolto tutti i problemi.

Invece, questi strumenti si rivelano utilissimi, solo se la loro introduzione viene fatta tenendo presente la situazione di sviluppo della persona, le eventuali altre barriere alla comunicazione e all’apprendimento, la motivazione ad agire, l’eventuale presenza di comportamenti problema, il livello cognitivo, e molti altri elementi indispensabili.

Inoltre, seppure si introducessero gli strumenti adeguati, il fatto che un operatore in un tempo limitato della settimana utilizzi questo strumento assieme al suo utente, non garantisce affatto automaticamente che il suo uso venga generalizzato ed ampliato a tutti gli altri ambiti della vita della persona.

Infine, spesso alcuni progetti di comunicazione sono falliti, perché l’ordine con il quale si insegnavano alcune cose, non corrispondeva con le necessità di sviluppo e le emergenze emotive ed ambientali dell’utente e della sua famiglia.

Si è quindi spesso passati da grande speranza ed aspettativa, a profonda delusione e sconforto, in quei genitori che avevano riposto fiducia sugli strumenti, come se fossero oggetti che di per sé guariscono o migliorano la vita, e che non erano stati informati sulla assoluta necessità di inserire le forme alternative di comunicazione all’interno di un + generale intervento psicoeducativo integrato.

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