Dott.ssa Maria Luisa Gargiulo

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Ansia e immersione

6 Marzo 2017 By Maria Luisa Gargiulo

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Nella pratica sportiva, le componenti psicologiche sono elementi molto importanti al pari delle competenze tecniche eatletiche.

Ciò è vero soprattutto per quanto concerne le attività sportive caratterizzate da un alto grado di variabilità della situazione e da una certa conseguente imprevedibilità. Essa può essere determinata da variabili ambientali, interpersonali, ecc., inoltre alcune attività sportive si caratterizzano per la necessità di dover fare scelte frequenti. In questo caso la persona utilizza tutte le informazioni al momento disponibili, come quelle derivanti dallo stato fisico del proprio corpo, la valutazione soggettiva delle proprie capacità, le credenze sull’ambiente e sulle altre persone coinvolte, le esperienze passate e ciò che ne ha dedotto.

Un esempio pratico di tutto questo, è costituito dalla componente psicologica (emotiva e cognitiva) che è presente nella pratica dell’attività subacquea.

Fronteggiare le situazioni di tensione è indispensabile, tanto che tutti i corsi di subacquea insegnano a gestire questi stati d’animo, perché l’ambiente iperbarico non permette al sommozzatore di avere comportamenti inconsulti che metterebbero a repentaglio la sicurezza del subacqueo e dei suoi compagni, oltre che la salvaguardia dell’ambiente marino.

L’insegnamento a gestire la paura dovrebbe essere parte di quasi tutti i training, anche se con stili differenti. Esistono poi apprendimenti “informali”, che si acquisiscono con la pratica e si tramandano frequentando altri sportivi più esperti. L’allenamento a gestire livelli di stress sempre più alti, mantenendo lucidità e controllo della situazione, è una capacità che si apprende gradualmente.

La percezione dello stato psicofisico è senza dubbio qualcosa di molto adattivo e conveniente, perché ci consente di avere più informazioni per prendere decisioni.

In particolare essere in grado di percepire la componente emotiva, che è sempre collegata alla nostra esperienza quotidiana, ossia cosa proviamo pensando o facendo qualcosa, è segno di buon funzionamento e non, come alcuni credono, di debolezza e fragilità.

Conoscere i nostri limiti ed emozioni, ci mette in condizione di evitare di affrontare situazioni difficili in condizioni psicologiche non idonee. Chi è in grado di riconoscere una sensazione temporanea di inefficienza o insicurezza, può decidere, ad esempio,di pianificare l’immersione in modo adatto al proprio stato. Infatti, la conoscenza profonda di se stessi è la migliore condizioni per affrontare le piccole e grandi tensioni che la subacquea può riservarci.

Il sub si trova a fronteggiare eventi diversi, dunque la sua reazione psicologica alle varie circostanze, costituisce una variabile preponderante nella gestione dell’immersione.

Sentirsi sicuri non è essere effettivamente in sicurezza, ma i nostri comportamenti spesso dipendono dalla valutazione soggettiva di sicurezza o pericolo.

Di fatto possiamo evitare di percepire o di considerare le emozioni, ma non possiamo assolutamente evitare che esse comunque condizionino il nostro comportamento effettivo.

Molti incidenti subacquei ad esempio, sono collegati alla difficoltà di gestire il comportamento in modo appropriato, in presenza di pericoli (reali od immaginari).

La percezione di un pericolo predispone l’organismo all’attivazione di una complessa reazione avente vari risvolti, sul piano biologico, emotivo e cognitivo.

I circuiti della paura
La paura è la componente soggettiva emotiva che fa parte di una reazione complessa, selezionata in millenni di evoluzione, che l’organismo mette in atto per fronteggiare i pericoli. Questo sistema si compone dal punto di vista biologico di strutture cerebrali antichissime tra loro collegate da fibre nervose e presenti in varie parti del cervello come il Talamo e il sistema Limbico. Vi è immediatamente una reazione rapida ed automatica, che abbiamo in comune con molti animali, che predispone in pochi istanti l’organismo al comportamento di attacco/fuga, tramite quello che viene indicato per lo più come il “circuito rapido” o “strada bassa” della paura, per specificare sia che si attiva immediatamente, sia che è formato da elementi anatomici situati nelle profondità dell’encefalo.

Gli animali superiori e specialmente la specie umana, sono provvisti di una seconda reazione, che interviene subito dopo, e che comprende anche aree della corteccia cerebrale. Questo è il “circuito lento” o la “strada alta”. La persona ha la possibilità di utilizzare elementi complessi e di prendere decisioni, perché sono presenti sia componenti percettive, sensazioni corporee, che emozioni e pensieri su ciò che sta accadendo.

Gli elementi cognitivi (pensieri, credenze, apprendimenti e informazioni varie), si sommano e non cancellano quelli emotivi e le sensazioni somatiche. Infatti tutti questi sono importanti per il funzionamento adattivo e determinano il comportamento.

La paura interviene sulla soglia di attivazione (arousal) ossia sulla nostra capacità di ipermobilitarci o di bloccarci in presenza di un evento (sensibilizzazione). Particolari eventi sono interpretati come pericolosi dall’organismo, anche se le nostre conoscenze ci dicono di non temerli. Con l’allenamento vi è però la possibilità di modificare la nostra soglia d’allarme e modificare la nostra reazione (assuefazione).

Dal punto di vista mentale, l’attenzione viene distolta da ogni altro elemento e convogliata su quello ritenuto pericoloso, per poterlo analizzare e meglio controllare. Dal punto di vista fisico, tutti gli organi ed apparati si preparano ad attivarsi, in vista di una lotta o di una fuga. Questo spiega perché a volte percepiamo quello stato di attivazione e tensione fortissima, non riuscendo a considerare niente altro che l’oggetto della nostra paura.

In altri casi, in verità molto numerosi, non proviamo niente che somigli alla paura, ma soltanto una generica sensazione di disagio, attivazione, insicurezza, pericolo generico, e tante strane sensazioni fisiche. Ciò senza avere in mente l’oggetto o la fonte ambientale di tutto ciò. L’ansia, d’altra parte, viene definita da molti studiosi come “paura senza oggetto”. Le persone che hanno vissuto in ambito sportivo o in qualsiasi altro ambito questa sensazione, sanno perfettamente di cosa parlo.

Ritornando alla subacquea vi sono delle specifiche conseguenze, perché se proviamo una sensazione del genere in un ambiente particolare come quello sottomarino, la conseguenza è che al disagio iniziale si può aggiungere anche il pensiero che quel temporaneo disagio potrebbe mettere in pericolo la nostra incolumità.

Infatti siccome sott’acqua siamo ospiti, spesso il modello arcaico di reazione alla paura non si confà con le necessità di un sommozzatore, né alle caratteristiche dell’ambiente iperbarico.

Dunque, il problema non è sperimentare paura o allarme, bensì è quello di essere in grado di fronteggiare consapevolmente le tendenze arcaiche connesse a questo stato.

Sicurezza, confort e pericolo
Gli psicologi chiamano “stili di copyng” il modo con il quale ciascuno gestisce o fronteggia le situazioni. La specificità del modello di gestione degli eventi, può essere flessibile oppure piuttosto rigida. Anche lo sportivo (specie chi pratica attività sportive complesse) decide e si comporta in base al suo stile di copyng, che si porta con sé, come tutte le sue caratteristiche personali, assieme al bagaglio di conoscenze e all’addestramento tecnico.

La sensazione di comfort e sicurezza può essere condizionata anche da altri elementi della vita, che possono modificare sensibilmente la sua reazione ad eventi inattesi.

In particolare, un preesistente alto livello di ansia e la percezione di vulnerabilità psicologica aumenta il livello di allarme con il quale si affronta l’esperienza, rendendo difficile per la persona riflettere prima di agire. Possiamo anche notare come il variare di situazioni contingenti o relazionali modifica il nostro modo di percepire la situazione e la sensazione di sicurezza. Ciò è perfettamente normale.

Inoltre una predisposizione personale a gestire in modo ansioso gli eventi ed a sentirsi in pericolo, può determinare un livello d’ansia di sottofondo. Infatti, la presenza di un disturbo d’ansia, se mal compensato, potrebbe costituire una controindicazione (transitoria o relativa), o quanto meno dovrebbe suggerire la necessità di potenziare quelle capacità psicologiche, finalizzate ad una gestione più adeguata di stati d’animo e pensieri, anche attraverso specifici training.

Disturbi d’ansia e situazioni traumatiche
Alcuni disturbi d’ansia sono caratterizzati dalla paura di perdere il controllo, da una sensazione di incapacità a far fronte alle situazioni minacciose, e dalla tendenza a immaginare di star male, evocando e concentrandosi sulle varie sensazioni corporee, che sono normalmente connesse alla reazione d’allarme. Questo processo è chiamato “ansia anticipatoria”, e porta la persona a controllare preventivamente il proprio livello di paura che aumenta, generando circolo patogeno.

Ad esempio, segretamente molti subacquei hanno vissuto esperienze di paura in immersione, piccoli traumi, che successivamente hanno generato per loro una situazione psicologica faticosa. Si tratta di una sensazione ambivalente della quale il subacqueo di solito si vergogna: da una parte la persona tende ad evitare esperienze simili a quelle nella quale ha provato paura, dall’altra il suo pensiero continua ad essere attratto da ricordi di sensazioni o altri elementi che teme.

E’ importante saper riconoscere la tipicità di queste reazioni, senza spaventarsene. Infatti di solito esse sono spesso transitorie e tendono ad estinguersi, specie se la persona può sostituire esperienze positive al posto di quei brutti ricordi, e condividere liberamente la propria esperienza emotiva con qualcuno di cui si fida.

Nella didattica sportiva occorre dedicare attenzione per insegnare alla persona ad aumentare la sensazione di sicurezza. Ciò per prevenire l’attivazione involontaria del sistema attacco/fuga, come nel panico e nei comportamenti inconsulti.

Nella formazione dei sommozzatori, è importante potenziare apprendimenti e skills specifici, per affinare la capacità di auto-osservazione (cioè la competenza a sapere cosa si prova e cosa si pensa), per avere più informazioni, fare scelte adeguate e controllare il proprio comportamento.

In seguito a situazioni problematiche, sono efficaci attività di affiancamento o riabilitazione psicologica, basate sui metodi cognitivo-comportamentali, tra cui l’EMDR (Eye Movement Desensintization and Reprocessing), utile anche in situazione di post trauma, opportunamente adattato alla situazione subacquea.

Ansia e immersione

 

 

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Filed Under: Disturbi d'Ansia, Psicologia clinica

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